di Carlo Sisi
Mi sembra, scorrendo il menabò del catalogo in cui la sequenza delle fotografie ci appare nel definitorio e trasfigurante bianco e nero cui Tatge ci ha da tempo abituati, che il significato di questo viaggio italiano manifesti davvero la convinzione poetica che l’antico, il moderno, il futuro convivano in unità creative di appartato coinvolgimento e che il deposito figurativo della storia debba essere usato come eredità, come un materiale da in- ventare, perennemente nuovo. Per questo i brani di città e di paesaggio, estratti come fossero parole espressive da una celebre pagina per conse- gnarle all’enigma metafisico dell’estraniamento, riassumono effettivamen- te la poetica e la tecnica di George Tatge: anticonvenzionale esteta della marginalità, archeologo delle nostre recenti sconfitte, ‘artiere’ (come piace- va al Novecento metafisico) di una realtà immaginata e vera a un tempo.
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